Descrizione
«È un clima da piccolo, grottesco 1984 orwelliano quello che caratterizza l?appassionato pamphlet di Paola Mastrocola.»
Il Sole 24 Ore su La scuola raccontata al mio cane
«Divertente maestra del sospetto, Paola Mastrocola mette in guardia contro le idee sbagliate che pretendono di essere le più giuste, contro i sempre nuovi convenzionalismi.»
Lorenzo Mondo, La Stampa
«L?unica nostra scrittrice capace di una comicità deliziosamente coinvolgente.»
Giulia Borgese, Corriere della Sera
«Difficile oggi fare l?insegnante di lettere. Quando lo dico in giro, molti mi guardano perplessi. Secondo me, chi è fuori dalla scuola non può sapere come stanno le cose. Allora mi è venuta voglia di raccontarlo, dal momento che le sorti della scuola devono importare a tutti, è evidente. Ho deciso di dire un po? come la vedo io, questa volta senza la protezione di una storia romanzesca. Ho scelto come primo ascoltatore il mio cane, perché chi ne sa meno di lui? La sua estraneità canina mi aiutava a non dare niente per scontato. Ho provato a dirgli come ci sentiamo adesso noi che abbiamo molto amato la letteratura, e perché facciamo così fatica a ?passare? i nostri amori ai ragazzi. Mi sono anche chiesta: dove sono finiti lo studio, la lettura, il tema, la concentrazione, il tempo, la logica, gli apostrofi, la noia? Per quale motivo dobbiamo imparare a insegnare, e insegnare a imparare, e a nessuno importa mai che cosa?» Così scriveva Paola Mastrocola presentando il suo libro, La scuola raccontata al mio cane. Sono trascorsi degli anni e la situazione nella scuola italiana non è certo cambiata, non è certo migliorata. E l?attualità del libro è dimostrata dal suo stesso, costante successo.
«Paola Mastrocola racconta con brio e spigliatezza, ama la poesia e gioca con le parole, onora la virgola e l?ipotassi, cesella i dialoghi.»
Luciano Genta, La Stampa
«Ci si lascia sorprendere dallo snodarsi agile della storia, dalle sue allegre ?impennate? e allo stesso tempo si ammira la leggerezza della scrittura, la sua apparente facilità, il suo rifarsi con sorridente e voluta soavità agli stilemi della narrativa favolistica.»
Margherita Oggero, La Stampa